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Quando è nata mia figlia Francesca, circa tre anni fa, ho avuto l’occasione di mettere in pratica tutte le nozioni che avevo studiato e appreso durante i miei corsi di aggiornamento sullo svezzamento dei bambini, anche attraverso corsi divulgativi svolti dal dottore e pediatra Lucio Piermarini, autore nel lontano 2008 del famoso libro ” Io mi svezzo da solo”.
Così, in accordo con la pediatra di Francesca, la dott.ssa Cristina Ciuffo, e supportata anche da mio marito, appena ho visto che lei era pronta a intraprendere questo meraviglioso percorso, abbiamo deciso di iniziare l’avventura dell’autosvezzamento.
Cos’è l’autosvezzamento
Il divezzamento o più comunemente lo svezzamento indica letteralmente la perdita del vizio (l’allattamento al seno) da parte del bimbo, ossia il passaggio da un’alimentazione esclusiva con latte materno (o latte formulato) a quella che sarà l’alimentazione con cibi di consistenza diversa, veri e propri nutrienti. Questo passaggio è indicato dall’OMS intorno ai 6 mesi ma ciò non vuol dire che il bimbo debba interrompere automaticamente l’allattamento, quanto piuttosto indica un’alimentazione complementare da poter affiancare al proseguo del latte materno o latte formulato che può protrarsi fino a quando la diade mamma-figlio lo desiderano.
Ciascun bimbo ha un proprio modo personale di adattarsi all’introduzione di cibi complementari ed è importante che ogni bambino non venga mai forzato a mangiare, quanto piuttosto rispettato nei suoi tempi. A prescindere dalla presenza o meno dei primi dentini, il bimbo all’inizio potrà preferire consistenze cremose o consistenze intermedie oppure da subito sarà curioso di afferrare il cibo con le mani e portarselo alla bocca. Per lui è tutto una nuova scoperta e come dice Maria Montessori è bello lasciar fare.
L’autosvezzamento, termine coniato dallo stesso Piermarini nel 2001, non è altro che lo svezzamento senza l’uso di pappe e alimenti pronti per l’infanzia ma attraverso il cibo presente nell’alimentazione dei genitori con la premessa che si usi il buon senso e si offra cibo sano. Lo stesso Piermarini, nel 2006, ha ridefinito meglio l’autosvezzamento come Alimentazione Complementare a Richiesta (ACR) per spiegare meglio cosa intendesse. Negli ultimi anni fortunatamente sta prendendo sempre più piede questa ACR, sostituendosi allo svezzamento classico che di solito inizia prima dell’autosvezzamento (verso i 4 mesi) e si basa su uno schema “vintage” di introduzione temporale di alimenti che generalmente inizia dalla frutta.
Non parlerò volutamente dello svezzamento classico perché non me ne occupo, la mia formazione e la mia esperienza in materia negli anni mi hanno permesso di approfondire e diffondere i principi dell’autosvezzamento.
Invito solo ad una riflessione per quanto riguardo lo svezzamento classico: svezzare un bimbo a 4 mesi con la frutta non fa altro che accentuare e consolidare sempre più in lui il sapore dolce che, oltre ad essere innato per ogni bimbo (il latte è dolce), lo porterà ad accettare con maggiore difficoltà il momento in cui si introdurranno ad esempio legumi o passati di verdure, sapori decisamente diversi dal sapore dolce al quale lui è stato abituato.
A mio avviso, dopo aver supportato diverse famiglie in questo percorso ed essermi confrontata con le pediatre con le quali collaboro, ho maturato l’idea che per mettere in pratica l’autosvezzamento siano fondamentali almeno tre premesse:
1) il cibo che mangia la famiglia deve essere salutare e vario il più possibile;
2) la famiglia, i genitori o chi accudisce il bimbo dovrebbero essere sereni a tavola, senza farsi prendere dall’ansia che il bambino possa strozzarsi ad ogni pasto, o che possa non mangiare a sufficienza;
3) accettare con serenità che il bambino le prime volte può sporcare se stesso, gli altri e tutto ciò che gli sta intorno.
In ogni caso sia che si scelga un tipo di svezzamento piuttosto che l’altro, è davvero indispensabile seguire un corso di disostruzione pediatrica.
Ciascun bambino ha il proprio ritmo di sviluppo ed impara le diverse abilità scegliendo i tempi ed i modi che meglio gli si adattano.
Perché iniziare intorno ai sei mesi
Intorno ai 6 mesi cambiano le necessità nutrizionali del bimbo che ha bisogno di un maggior apporto calorico e di alimenti più ricchi rispetto al latte. Inoltre questo è il periodo in cui il suo apparato digerente raggiunge una maturità diversa tale da assimilare e digerire meglio alcuni nutrienti. Intorno a questa età il suo sviluppo neuromuscolare è più progredito poiché ha perso il riflesso di estrusione, riflesso innato, ed è in grado di masticare e deglutire cibi di consistenza diversa e soprattutto riesce a stare seduto nel suo seggiolone o sedia evolutiva che dir si voglia.
Mi preme sottolineare che i 6 mesi sono un età indicativa e che non tutti i bimbi allo scoccare dei 6 mesi sono pronti a passare ad un’alimentazione complementare, alcuni sono più predisposti, altri all’inizio sono meno interessati e man mano che si introducono i cibi maturano curiosità e interesse soprattutto se vedono i loro genitori mangiare insieme ai pasti. In questa fase vince il senso di emulazione che ogni bimbo racchiude in sé e se vedono i loro genitori mangiare insieme, sono più incoraggiati e stimolati a provare nuovi sapori. Questo non significa che il bimbo riconosce di avere fame, perché non sa ancora che quello che è nel vostro piatto potrebbe saziarlo, ma semplicemente si mostra curioso e vorrebbe imitarvi.
Pronti, via: quando e cosa
Per comprendere il giusto timing di inizio è importante osservare il vostro bambino. Ora che avete visto il vostro bimbo gettare le mani nel vostro piatto, potete provare a proporre quella che è la vostra alimentazione adattandola alla sua età e alla presenza o meno dei primi dentini…ma da cosa iniziamo? Con Francesca verso i 6 mesi e mezzo, 7 mesi ho iniziato a proporle del cous cous alla curcuma con verdure fatte in padella o al vapore e man mano aggiungevo qualcosa in più nel piatto. Non abbiate timori ad usare erbette e spezie nelle preparazioni anche perché se voi mamme li avete sempre mangiati, il bimbo avrà iniziato a sperimentarli sin dal grembo materno. Solitamente si inizia da un pasto alla volta e pertanto si decide se iniziare dal pranzo o dalla cena. Suggerisco di scegliere come momento della giornata quello in cui in famiglia c’è un clima più disteso e rilassato, in assenza di tv, tablet, smartphone e aeroplani che volano per far aprire la bocca.
Pronti, via: come
Quando supporto le famiglie in questa avventura una delle domande che ricevo solitamente è “Ma come posso offrire il cibo senza farlo strozzare?”. Premesso che quando offrite del cibo a bambini così piccoli, dovete sempre supervisionare e controllare senza lasciarli mai da soli, vi lascio il link del Ministero della Salute dove potete prendere qualche spunto oppure potete dare un’occhiata a questa infografica che lascio qui sotto per avere un’idea dei tagli sicuri nell’autosvezzmento.
Pronti, via: quanto
Nell’autosvezzamento non c’è una definizione precisa di porzioni e quantità. Il bambino se lasciato libero di sperimentare è in grado di regolarsi da solo su quanto mangiare. La regola generale è il buon senso.
Il pasto dovrebbe essere bilanciato in termini di macronutrienti (carboidrati, grassi, proteine e fibre). Si dovrebbe evitare un eccesso di proteine nei primi due anni di vita perché può determinare un aumento del numero degli adipociti (cellule di grasso) e, quindi, del rischio di sovrappeso o obesità.
Il fabbisogno energetico giornaliero dovrebbe essere ripartito per un 45-50% dai carboidrati, per un 40% dai grassi circa e per un 10% circa dalle proteine.
Ci tengo a sottolineare che le grammature inserite sono per lo più indicative, utili forse nella preparazione dei pasti per evitare eccessi o carenze nutrizionali ma consiglio elasticità e flessibilità nel rispetto dei tempi e delle preferenze di vostro figlio. Per la frequenza dei consumi giornalieri e settimanali di ciascun alimento, potete far riferimento al modello della dieta mediterranea e alla piramide alimentare.
Consigli pratici per iniziare l’autosvezzamento
- Appena vedete il vostro bambino incuriosito da quel che è nel vostro piatto, provate a proporgli piccoli assaggi sminuzzando il cibo a pezzettini
- Offrite inizialmente piccole quantità: lo stomaco è ancora piccolino. Aumentate gradualmente man mano che il bambino mostra interesse per il cibo.
- Proponete un alimento nuovo alla volta, cosi facendo aiuterete vostro figlio ad apprezzare e gustare i vari sapori e vedrete eventuali reazioni di intolleranza.
- Riguardo il timing di introduzione dei diversi alimenti solidi, recentemente una serie di studi ha messo in evidenza che ritardare troppo l’introduzione dei cosiddetti alimenti allergizzanti (uovo, pesce e crostacei, pomodoro, noci e arachidi) può paradossalmente favorire l’allergia alimentare. Pertanto non è necessario ritardare l’introduzione di questi alimenti per il timore di allergie in quanto tale procedura non ha alcuna efficacia preventiva, neppure nel caso di bambini con familiarità allergica.
- Se rifiuta alcuni alimenti, smettete di farli assaggiare. Riproverete ad offrirli più avanti nel tempo per più volte: possono essere necessari fino a 10-15 assaggi ripetuti a distanza di pochi giorni in un ambiente positivo prima che impari adaccettare e gradire nuovi alimenti.
- Proponete senza imporre o peggio ancora forzando a mangiare soprattutto davanti ad un rifiuto per non instaurare problemi col cibo già da piccoli.
- Variate con gradualità gli alimenti: questo lo educherà ai vari gusti e gli fornirà tutte le sostanze nutritive dei vari cibi.
- Scegliete alimenti digeribili con semplici preparazioni avendo particolare attenzione alle adeguate modalità di preparazione e conservazione degli alimenti.
- Il latte vaccino non dovrebbe essere introdotto prima dei 12 mesi di vita per lo scorso apporto in ferro e un eccessivo contenuto proteico, cosi come il miele per il rischio di botulismo.
- Il glutine si può introdurre in qualunque momento dopo i 6 mesi di vita
- E’ raccomandabile non salare i cibi ed evitare gli zuccheri semplici e il consumo di succhi di frutta e bevande che ne contengono (es. camomilla), introducendo l’abitudine al consumo di acqua
- Date il buon esempio mangiando cibi salutari e variando la dieta con nuove combinazioni di sapori e consistenze per garantirgli l’assunzione di tutti i nutrienti di cui ha bisogno.
- Munitevi di bavaglino incerato e lasciate il bambino libero di esplorare, manipolare il cibo mettendo in conto che le prime volte il cibo potrebbe finire più sul pavimento che nella bocca di vostro figlio.
Le abitudini alimentari appresi nei primi due anni di vita, possono diventare la base della salute da adulti
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